Femminicidi in aumento: 85 donne uccise nel 2025, salgono gli overkilling al 22,4%

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Nei primi dieci mesi del 2025, 85 donne sono state uccise in Italia: un numero che, seppur leggermente inferiore al 2024, nasconde un trend più inquietante. Il Eures, nell’12esimo rapporto sul femminicidio pubblicato in occasione della Giornata Mondiale contro la Violenza sulle DonneItalia, ha rivelato una verità sconvolgente: più di una vittima su tre tra gli omicidi volontari è una donna. E non è solo la quantità a terrorizzare — è la qualità della violenza. Negli ultimi anni, i casi di overkilling — omicidi con accanimento, colpi ripetuti, ferite efferate — sono passati da 3 nel 2024 a 13 nel 2025, quasi un quarto di tutti i femminicidi. Una cifra che sfida ogni logica: la media storica negli ultimi quindici anni era del 10%. Questo non è un aumento. È un’escalation.

Il Nord non è più l’eccezione: Milano, Napoli e il silenzio delle città

Per la prima volta, Milano si piazza al primo posto tra le città più colpite, con 12 donne uccise nei primi dieci mesi del 2025, un balzo del 300% rispetto alle 3 del 2024. A seguire, Napoli con 7 vittime (da 1 nel 2024) e Roma con 6 (in calo, ma non per mancanza di violenza, bensì per un cambio di dinamiche). Il Nord, con 41 vittime (48,2% del totale), conferma la sua triste leadership, ma il Sud non è più un’appendice silenziosa. La violenza si sta diffondendo, non si sposta. E le donne non hanno più luoghi sicuri. Neanche i quartieri residenziali. Neanche le case dove si credeva di essere al sicuro.

Chi uccide? Il compagno, l’ex, l’italiano

Il Ministero dell'Interno ha registrato 73 donne uccise tra gennaio e settembre 2025, di cui 44 da partner o ex — l’83% dei delitti compiuti da conviventi o ex. Un dato che non cambia da anni: la maggior parte delle vittime non viene uccisa da sconosciuti, ma da chi diceva di amarle. E chi è l’assassino? In tre casi su quattro, è italiano. Solo il 26% ha origini straniere, un dato che smonta la narrativa populista che vuole la violenza come un fenomeno legato all’immigrazione. Questa è una piaga domestica, radicata nella cultura, nel controllo, nella proprietà. Non è un problema di confini. È un problema di patriarcato.

Il prezzo invisibile: figli orfani, disabilità, sex work

L’Osservatorio Nazionale NUDM ha documentato 91 casi totali nel 2025, tra femminicidi, suicidi indotti e casi in accertamento. Ma i numeri non raccontano tutto. Sedici delle vittime avevano denunciato il partner prima di morire. Quattordici avevano una disabilità o una malattia cronica — spesso, il loro corpo era visto come un peso. Due erano sex worker, invisibili anche nella morte. Dieci bambini hanno assistito all’omicidio della madre. Cinquantacinque figli minori sono rimasti orfani. E non c’è un servizio sociale, un centro antiviolenza, un’insegnante, un medico che possa rimediare a questo. Queste non sono statistiche. Sono famiglie distrutte.

La violenza che non muore: ISTAT e il 31,9% delle donne italiane

L’ISTAT ha pubblicato dati che dovrebbero far tremare il Paese: il 31,9% delle donne tra i 16 e i 75 anni — circa 6,4 milioni — ha subito violenze fisiche o sessuali almeno una volta nella vita. Di queste, 3,7 milioni hanno subito violenze fisiche, 4,1 milioni violenze sessuali. E 2,4 milioni sono state minacciate da conoscenti, colleghi, amici. Nella coppia, 323mila donne vivono con maltrattamenti fisici; 146mila con violenze sessuali. Circa 1,7 milioni hanno subito violenza da ex partner. Questi non sono numeri da rapporto. Sono le vite di vicine di casa, colleghe, sorelle, madri. Eppure, la maggior parte resta silenziosa. Per paura. Per vergogna. Perché non crede che qualcuno la crederà.

Cosa cambierà? Il vuoto delle istituzioni

Il governo ha annunciato nuovi fondi per i centri antiviolenza. Ma i centri sono già sovraccarichi. Le operatrici lavorano senza stipendi regolari, con contratti precari. I tribunali sono intasati. Le misure di protezione vengono ritardate per mesi. E mentre si discute di budget, le donne muoiono. Il 2025 ha visto un calo assoluto degli omicidi, ma non della violenza. Anzi. L’overkilling cresce. La disperazione aumenta. La paura si fa più silenziosa. E i media? Spesso raccontano i fatti come eventi isolati, come tragedie individuali. Ma non sono individuali. Sono sistematiche. Sono il risultato di un tessuto sociale che ancora considera la donna come una proprietà, un oggetto da controllare.

La strada da percorrere

Serve una svolta culturale, non solo legislativa. Serve formazione nelle scuole, non solo campagne pubblicitarie. Serve che gli uomini — i padri, i fratelli, i colleghi — smettano di ridere delle frasi come "le donne esagerano" o "era troppo sensibile". Serve che la polizia non si fermi alla denuncia, ma che segua i casi. Serve che i giudici non siano più riluttanti a emettere ordini di protezione. Serve che il Paese smetta di guardare altrove.

Frequently Asked Questions

Perché gli overkilling sono aumentati così drasticamente nel 2025?

Gli esperti parlano di un’escalation della disperazione maschile: crisi economiche, perdita di controllo, isolamento sociale e una cultura che normalizza la violenza come forma di riconquista. Nel 2025, i casi sono triplicati rispetto all’anno precedente, passando da 3 a 13. Questo non è un caso isolato, ma il segnale di un deterioramento culturale. La maggior parte degli autori ha precedenti di violenza domestica, ma non è mai stato fermato in tempo.

Perché Milano è diventata la città con più femminicidi?

Milano ha registrato un incremento del 300% rispetto al 2024, passando da 3 a 12 vittime. Questo non è dovuto a un aumento generale di violenza, ma a una maggiore visibilità dei casi e a una maggiore denuncia. Tuttavia, i centri antiviolenza sono sotto organico e i servizi sociali non riescono a seguire tutti i casi a rischio. La città ha una grande popolazione femminile attiva, ma anche una rete di supporto frammentata, che lascia molte donne sole davanti al pericolo.

Quante donne denunciano prima di essere uccise?

Nel 2025, 16 delle 85 vittime avevano già sporto denuncia per stalking, minacce o maltrattamenti nei mesi precedenti. In molti casi, le denunce sono state archiviate per mancanza di prove o perché i giudici le consideravano "conflitti privati". Solo il 12% dei casi denunciati ha portato a misure di protezione immediate. Il sistema giudiziario non è preparato a gestire la violenza di genere come emergenza, ma come un problema burocratico.

Cosa dicono le statistiche sull’impatto sui figli?

Nel 2025, 10 minori hanno assistito direttamente all’omicidio della madre. Almeno 55 bambini sono rimasti orfani. L’ISTAT stima che il 70% di questi bambini sviluppa disturbi psicologici a lungo termine, tra ansia, depressione e comportamenti aggressivi. I servizi di tutela minorile sono sovraccarichi: solo il 30% riceve un percorso psicologico strutturato. Questi bambini non sono testimoni: sono vittime secondarie di un ciclo che si ripete.

Perché i dati del Ministero dell’Interno sono inferiori a quelli dell’Osservatorio NUDM?

Il Ministero conta solo gli omicidi confermati entro il 30 settembre, escludendo gli ultimi due mesi dell’anno e i casi di suicidi indotti. L’Osservatorio NUDM include tutti i casi legati alla violenza di genere, compresi i suicidi indotti da persecuzione, gli omicidi di trans e le morti sospette. La differenza non è un errore: è una scelta. Il governo conta i crimini, l’Osservatorio conta le vite. E le vite non si contano solo con le sentenze.

C’è speranza? Cosa funziona già in Italia?

Sì, c’è speranza. A Bologna, il progetto "Casa della Donna" ha ridotto del 40% i recidivi grazie a un sistema di monitoraggio integrato tra polizia, servizi sociali e psicologi. A Torino, le scuole hanno introdotto corsi obbligatori di educazione affettiva. A Palermo, le donne denunciano di più perché i tribunali hanno assunto operatori specializzati. Non sono soluzioni perfette, ma dimostrano che quando si investe in prevenzione, in formazione e in ascolto, si salvano vite. Il problema non è l’assenza di modelli, ma la mancanza di volontà politica.